Due diligence: perchè va fatta?
Che sia vendita di quote / azioni o vendita di asset, il potenziale acquirente si prende dei rischi.
Chi compra, pertanto, deve capire elementi di forza e di debolezza della Target, per poter limitare ogni responsabilità e/o rischio che potrà arrivare con essa.
L’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all’oggetto di una trattativa è nota con la definizione di “due diligence“.
Il fine di questa attività è quello di valutare la convenienza di un affare e di identificarne i rischi e i problemi connessi, per negoziare termini e condizioni del contratto, nonchè per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento.
Insomma: la due diligence deve essere fatta con il fine di valutare se i vantaggi dell’acquisizione superano i rischi.
Anche in ragione del noto principio latino “caveat emptor”[1], il potenziale acquirente ha un onere di portare avanti opportune ad approfondite investigazioni ben prima di procedere all’acquisizione stessa.
E’ importante identificare perché viene fatta l’acquisizione…
Per ogni acquirente, naturalmente, il motivo per cui viene effettuata una acquisizione sarà differente in ragione del settore di riferimento.
Identificare con chiarezza le ragioni per le quali viene effettuata questa transazione è importante.
Aiuterà ad “indirizzare” in maniera corretta la due diligence.
Emergeranno da subito, infatti, le problematiche che possano contribuire a far saltare la trattativa e/o a costituire un elemento imprescindibile da chiarire immediatamente al venditore.
…ed evidenziare il vero valore dell’operazione dal punto di vista del compratore
Oltre a comprendere i rischi coinvolti, la due diligence è l’occasione per il potenziale acquirente di valutare il vero valore della Target ai fini di quanto già dispone.
Un compratore con un business avviato vorrà essere sicuro che la Target possa essere validamente integrata nel suo attuale gruppo.
Ci sono infatti molti aspetti da considerare dal punto di vista “culturale”.
Per non parlare degli aspetti “pratici”.
Si pensi, ad esempio, alla duplicazione di funzioni o ai costi ridondanti che spesso emergono in conseguenza di differenti modalità di gestione.
In tutto questo, quanto più è efficace sarà la due diligence, tanto più il livello di protezione contrattuale sarà forte ed identificherà tutti i rischi che potranno / dovranno rimanere a carico del venditore.
Ma quali sono gli aspetti che devono emergere sicuramente dalla Due diligence?
Ogni Due diligence deve quantomeno essere in grado di stabilire i seguenti aspetti:
- se il venditore ha pieno titolo per poter vendere le quote o gli asset che si sta impegnando a cedere;
- se la Target è integrabile in tutto o in parte con il business attuale della società che propone l’acquisizione e
- quale sia il suo valore intrinseco (materiale o immateriale) in relazione al business di quest’ultima;
- se è necessario il consenso di terze parti (ad esempio autorità di vigilanza e/o istituti di credito) per poter completare validamente l’acquisizione e poter ottenere pienamente i relativi benefici.
- se vi siano all’interno dell’Azienda delle key positions dirigenziali da preservare.
Solitamente si pensa che tale prassi valutativa sia necessaria solo nelle operazioni di acquisizioni di una certa levatura.
La mia esperienza è che questa valutazione è fondamentale anche nell’ambito delle PMI ed è il motivo per cui rivolgersi ad un Avvocato d’Affari è fondamentale.
Ed in tutte le sue sfaccettature (che sia legale, finanziaria o fiscale).
Chi la omette lo fa sempre a proprio rischio e pericolo: “caveat emptor”, appunto.
Avv. Giuseppe Bellini – [email protected]
[1] chi conosceva o poteva conoscere con l’ordinaria diligenza i vizi cosa compravenduta non si lamenti (art 1491 cod. civ.).
[…] Penso in particolare alla fase del processo di acquisizione denominata due diligence. […]
[…] Penso in particolare alla fase del processo di acquisizione denominata due diligence. […]